l tumore alla prostata è il tumore più diffuso in assoluto fra gli uomini, ma anche il più “prevedibile” e curabile: se preso in tempo, guarisce senza lasciare traccia. Eppure questo tipo di cancro continua a fare del male, tanto da essere considerato pericolosissimo, secondo per mortalità dopo quello al polmone.
Primo killer, la disinformazione
Il problema di base è la disinformazione. La prostata, infatti, resta la parte più “incompresa” e meno conosciuta del corpo maschile. Tanto per cominciare, la gente spesso pensa che si parli di qualcosa che riguarda solo gli anziani. Quindi molti giovani credono che l’argomento non li interessi, dimostrando così di non sapere che la prostata è in realtà la “ghiandola della felicità”, simbolo della virilità giovanile e dell’appagamento sessuale». Possiamo dire che la prostata risulta fondamentale per la procreazione, in quanto produce lo sperma che è una sostanza ricca di zuccheri e altri composti nutrienti in cui gli spermatozoi vivono e nuotano. E grazie alla quale, al momento dell’orgasmo, vengono “sparati” all’esterno.
Chi ha una sessualità particolarmente vivace è più soggetto a piccole infiammazioni, ma anche chi ne ha pochi può correre lo stesso rischio in quanto il ristagno del liquido seminale non è salutare. Queste infiammazioni chiamate prostatiti si manifestano con una sorta di fastidio, di bruciore o al basso ventre o nella zona fra i testicoli e l’ano, soprattutto quando fa l’amore o quando fa la pipì, perché l’infiammazione si trasmette anche alla vescica. Poi il tempo passa ed assieme ai normali cambiamenti anche la prostata si trasforma.
In linea di massima, comincia ad aumentare di dimensioni e può cominciare a dare i primi fastidi. L’urina fa fatica a uscire e così tende a ristagnare nella vescica. Ecco perché molti uomini non più giovani vanno spesso a fare la pipì.
Purtroppo però il famigerato tumore alla prostata non dà sintomatologia specifica. Le ultime ricerche hanno dimostrato che è bene invece incominciare a fare i controlli già a quaranta anni. È stato di recente dimostrato che fra i quaranta e i cinquantanni un valore di PSA uguale o inferiore a 0.6 renda il rischio di ammalarsi di un brutto cancro prostatico nei venticinque anni è molto basso. Fermo restando il PSA, che si deve eseguire annualmente, dai cinquanta in poi l’esame fondamentale da fare ogni anno è l’esplorazione rettale. Se da questi controlli risultasse qualcosa di alterato allora per avere una diagnosi certa è necessario fare una biopsia alla prostata, una procedura ambulatoriale che però ci permette di fare diagnosi.
Le terapie sono varie ed efficaci: l’importante è la diagnosi a 40 anni di età
In caso di tumore le terapie sono varie in particolare lo sviluppo della tecnologia ci ha permesso di essere sempre meno invasivi e selettivi grazie anche all’utilizzo del Robot da Vinci. Con questa tecnica sia le funzioni virili che i problemi urinari, grazie alle modalità “gentili” dell’intervento robotico non si hanno in genere problemi né di erezione né di incontinenza urinaria, anche se viene meno la possibilità di eiaculare.
Pertanto in conclusione non mi stancherò mai di dire a tutti gli uomini che il primo esame alla prostata non va fatto a cinquanta anni come molti pensano, ma già a quaranta. Mai come in questo caso prevenire è meglio che curare.
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